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MINORCA

  • Immagine del redattore: Umberto Maria Bonaschi
    Umberto Maria Bonaschi
  • 17 ago 2024
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 14 ott 2024




  • Durata del viaggio: 6 giorni

  • Periodo: 6-12 agosto 2024

  • Viaggiatori: Umberto e Benedetta



Minorca e agosto sono due parole apparentemente innocue, ma basta metterle insieme nella stessa frase in una discussione per dar luogo a commenti come "ma siete pazzi?" o un ironico "buona fortuna". Ed eccoci qui signori della corte: i due pazzi siamo noi. Forse per fortuna, per testardaggine o per la perseveranza che ci contraddistingue nella continua ricerca della bellezza, qualcosa di buono l'abbiamo trovato.


Attivata la modalità "evita l'infernale" (*"Infernale": turista il cui habitat ideale è una spiaggia affollata se si trova al mare o un city sightseeing se visita una città, insomma il turista medio), con un paio di scarpe da tennis e la cartina dell’isola in tasca, siamo partiti alla scoperta di questa perla del Mediterraneo. Abbiamo noleggiato uno scooter 125cc (agenzia Cooltra) per gli spostamenti, una scelta che si è rivelata azzeccatissima fin dal primo giorno, data la stagione e la difficoltà nel trovare parcheggio.



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Camin de Caballo

Il nostro B&B si trovava ad Addaia, nella parte nord dell’isola, un elegante e tranquillo quartiere residenziale affacciato sul porto da cui prende il nome. I cancelli delle eleganti case bianche di Addaia sono in legno e riprendono la forma degli iconici cancelli del "Camin de Caballo", un'antica via sterrata che percorre tutto il perimetro dell’isola, intervallata appunto da questi cancellini diventati, per la loro forma un po' "svirgola", uno dei simboli Minorchini.





Il primo giorno, tra viaggio, ritiro dello scooter e check-in, non c’è stato spazio per il primo bagno, quindi abbiamo deciso di dirigerci verso Fornells per cena, un vecchio borgo di pescatori addobbato con migliaia di lucine e pieno di ristoranti. La specialità del posto è la famosa "caldereta de langosta", che purtroppo non siamo riusciti ad assaggiare perché i ristoranti che la cucinavano erano prenotati almeno fino a due settimane successive. La nostra host ce ne aveva suggerito uno che, effettivamente, sembrava molto buono sbirciando i piatti: si chiama "Es Port". Noi ci siamo comunque consolati con delle tapas e una caraffa di sangria in uno dei tanti ristorantini all’aperto nelle vie del centro.



Con la cartina di Minorca al centro del tavolo, tra una "croquetas" e un "pan con tomate", abbiamo iniziato a programmare il nostro itinerario. A noi piace sempre lasciarci una buona parte dell’itinerario da valutare sul posto.

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piazzetta di Fornells

Benedetta già conosceva in parte Minorca essendoci stata qualche anno prima, quindi tra la sua esperienza e i consigli della nostra host, abbiamo optato per evitare le spiagge più instagrammabili e, di conseguenza, “infernali” come ad esempio Macarella, Macarelleta, o Cala Galdana. Queste, oltre a essere le più famose, sono facilmente raggiungibili in autobus da Ciutadella, la località senza dubbio più popolata dell’isola. Di conseguenza, in agosto soprattutto, è meglio starci alla larga. 


Primo giorno: sveglia presto (almeno questi erano i propositi). Io spalmo la protezione 50 su Benedetta, lei spalma il pomodoro sul pane e il Jamón serrano per il pranzo al sacco. La direzione è una spiaggia sulla costa nord di Minorca, il versante più arido dell’isola, quasi totalmente privo di vegetazione e caratterizzato da una terra rosso mattone. Le spiagge si raggiungono solamente a piedi e sono collegate tra loro percorrendo il "Camin de Caballo", circondati da un paesaggio incontaminato, quasi marziano. Non ci sono bar, lidi attrezzati, centri informazioni, niente di niente, solo natura. Un paradiso. Dopo una tappa di qualche ora a Cala Binimel-là (non potevamo più rimandare il primo bagno), siamo tornati sul Camin de Caballo per finire la giornata in una piccola caletta dall’acqua calma e cristallina, qualche centinaio di metri prima di Cala Pregonda. Nonostante la difficoltà nel lasciare quel piccolo angolo di paradiso proprio nella golden hour, il tramonto ci aspettava. Con passo svelto, quasi un trotto visto il contesto, riprendiamo il nostro scooter verso il faro di Cavalleria, uno degli spot più suggestivi per godersi un tramonto di quelli che non si scordano facilmente. Birra al limone e due nachos mentre il sole scende nel Mediterraneo.

In quel momento ricordo di essermi fatto prendere da un momento di saggezza ed aver detto a benedetta che in fin dei conti le cose belle della vita sono gratis, come un tramonto. 


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faro di Cap de Cavaleria


Il giorno successivo, svolta la solita routine mattutina con preparazione pranzo e organizzazione zaino che manco uno Sherpa che si prepara al campo base dell’Everest è cosi appesantito come me, abbiamo fatto una ricognizione nel nostro quartiere, è cosi bello che sarebbe stato un peccato vederlo solo di sfuggita, così scendiamo a visitare il villaggio di pescatori di Na Macaret, un tranquillo paesino incastrato in un insenatura che ospita per lo più piccole barche a vela e gozzi minorchini, l’atmosfera sembra sponsorizzata da vita_lenta tra panni stesi all’aria e pescatori che riammagliano le reti. 

Continuiamo la nostra esplorazione tra Calo Blanc e Playa de Binibeca, la prima decisamente stupenda, purtroppo però essendo scogliosa, dopo qualche ora scomodi e senza ombrellone, il disagio si cominciava a far sentire, abbiamo quindi migrato a Binibeca, una spiaggia di sabbia in parte attrezzata dove l’acqua non è un gran che ma   essendo circondata da una fitta pineta è perfetta per una siesta nelle ore più calde

Ciutadella è sicuramente una tappa obbligata, ma decidiamo di rimandarla ai giorni successivi, poiché quella sera a Es Mercadal c’era una sorta di sagra con bancarelle e musica dal vivo. Tra fine luglio e inizio settembre, il calendario delle sagre e delle feste patronali è piuttosto fitto. Gli eventi sono diffusi in quasi ogni centro abitato principale di Minorca. Una delle celebrazioni più folkloristiche è senza dubbio la festa patronale di Alaior, dove i fantini si esibiscono in spettacoli di abilità a cavallo tra una folla di visitatori e fiumi di Pomada, il cocktail più diffuso dell'isola, a base di gin e succo di limone. 


Per noi, tuttavia, è stato un po' "too much", e dopo una breve visita, ci siamo goduti il nostro terrazzo sotto una pioggia di stelle cadenti: è pur sempre la notte di San Lorenzo.


La nostra vacanza volge al giro di boa e, a maggior ragione, non vogliamo perderci nemmeno un momento. Il programma del giorno ci porta sulla costa sud, a Cala Trebaluger, una delle spiagge più belle e incontaminate delle Baleari. Si raggiunge a piedi, percorrendo un sentiero di circa mezz'ora che parte da Cala Mitjana. Le aspettative sono alte, ma al primo scorcio della cala rimaniamo comunque a bocca aperta. Gli ombrelloni si contano sulle dita, e la sabbia fine scende lentamente nell’acqua cristallina, tanto che si tocca anche al largo.


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Sul cammino di Cala Trebaluger

Essendo Cala Trebaluger relativamente vicina a Ciutadella, abbiamo deciso di andarci quella sera per cena. Abbiamo così trasformato il parcheggio nel nostro spogliatoio, una bottiglia d’acqua nella nostra doccia e lo scooter nella nostra cabina armadio. Si parte.


Ciutadella è incantevole, con i suoi vicoli del centro storico ricchi di boutique, gallerie d’arte e ristorantini, e i suoi palazzi storici. Scendendo fino al porto vecchio, perdersi per l’antica capitale minorchina è davvero un piacere.

Interrompiamo la nostra passeggiata per cenare al Ca’n Lluis, un ristorantino a conduzione famigliare in una delle tante vie del centro storico con i tavoli all’esterno, ce l’ha consigliato Fabiana, la nostra host.

La specialità della casa è la paella. Noi ordiniamo quella de pescado y marisco, annaffiata con una copa de sangria tinta, ma ci lasciamo tentare anche dalle croquetas de bacalao e dalle croquetas de jamón ibérico, per concludere in bellezza con una generosa fetta di torta de queso minorchino. Un posto da annotare assolutamente per la prossima volta che torneremo su questa splendida isola.


Come spesso accade, la fine di una vacanza coincide con il giorno in cui finalmente si impara a orientarsi, a conoscere ogni strada, quando non si ha più bisogno del navigatore e ci si destreggia tra le scorciatoie come la gente del posto, arrivando persino a dare indicazioni ai nuovi arrivati. Funziona come un indicatore del tempo: gli antichi lo misuravano osservando le stelle, con le meridiane e le clessidre, noi con la conoscenza delle strade.


E così è arrivato il giorno in cui si va in spiaggia senza cartina: l’ultimo. In realtà, l'ultimo intero, perché saremmo partiti la mattina successiva.


Dopo una colazione abbondante e il solito panino col serrano preparato al volo, ci dirigiamo verso Cala Pilar, che abbiamo sentito essere una delle più suggestive dell’isola: una piccola caletta vergine e selvaggia, situata sulla costa settentrionale, dove il rosso dorato della terra argillosa si mescola con l’azzurro cristallino del mare.

Tutto sembra perfetto, se non fosse che, arrivati al parcheggio, scopriamo che l’accesso è a numero chiuso e che saremmo dovuti arrivare molto prima. Un vero peccato non poterla vedere.


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Cala des Bot

Senza demoralizzarci troppo, ci spostiamo di qualche chilometro in cerca di un mare degno dell’ultimo giorno e, con una buona dose di fortuna, lo troviamo a Cala des Bot. Si trova a Cala Algaiarens, una spiaggia che si divide, separata da uno scoglio, in Cala Es Tancats, più accessibile e frequentata per la vicinanza al parcheggio, e Cala des Bot, più incontaminata e selvaggia.


Dopo una piacevole camminata tra pinete, campi e dune, raggiungiamo questa piccola spiaggia di sabbia bianca, dove l’unica traccia di civiltà è una pittoresca casetta bianca a filo del mare, probabilmente un vecchio rifugio per pescatori, un vero spettacolo!

Tirate le somme, non mi pare troppo azzardato dire che, (un po' come si usa dire per la Sardegna), il mare a Minorca è bello ovunque. Certo, ogni spiaggia ha il suo fascino, la sua vegetazione e caratteristiche che la rendono unica, ma ovunque si vada, si cade sempre in piedi. Oltretutto, Minorca può vantare un numero altissimo di spiagge in relazione alle sue dimensioni; se non erro, sono più di 80.


Nonostante gli abitanti del posto possano dire che 15/20 anni fa Minorca fosse completamente diversa (come spesso accade nelle località turistiche), e sicuramente è così, abbiamo trovato ancora molta autenticità in quest’isola. Certo, a volte per trovarla occorre fare qualche chilometro in più e percorrere strade meno battute, ma l’anima di Minorca e dei suoi abitanti è comunque molto presente e si fa sentire.

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Gozzo minorchino al tramonto

I minorchini sono riusciti a gestire l’inevitabile turismo di massa senza snaturare la loro terra. Hanno urbanizzato, nella maggior parte dei casi, con classe e gusto. Anche la scelta di preservare il Camin de Cavalls è stata sicuramente una decisione che ha privilegiato la tutela del territorio a scapito del comfort. La creazione di una litoranea asfaltata avrebbe senza dubbio potuto aprire la strada a una miriade di strutture, case, resort, ristoranti e tutto l'afflusso che ne consegue. Invece, la natura ha avuto la meglio, e questo fa onore ai minorchini.


Sono stati giorni intensi, seppur pochi, pieni di emozioni, di buon cibo, di amore, di mercatini e di tutte le altre cose di cui avevamo bisogno per ricaricare un po' le pile. E, soprattutto, pieni di mare, quel mare che guarisce tutti i mali.


Se questo post potesse finire come una recensione di TripAdvisor e Minorca fosse un ristorante, sarebbe sicuramente:

5 STELLE MERITATE, CI TORNEREMO PRESTO!

 





 
 
 

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Ciao! Mi chiamo Benedetta, classe 1996, e questo blog è un omaggio speciale a mia mamma, la persona che mi ha insegnato l'arte del viaggiare....

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